
Sono passati undici mesi da quando mi sono ammalato di Covid19 e posso testimoniare che soffro della cosiddetta “long-Covid19“.
Ci sono casi in tutte le regioni, soprattutto Lombardia, Lazio e Piemonte. La maggior parte degli ex pazienti Covid19, il 95 per cento, ha dichiarato di avere ancora dei sintomi, e quasi la metà di questi, il 45 per cento, è il dato più impressionante, ne soffre da più di sette mesi. Tra i disturbi più frequenti del long Covid19, l’espressione inglese comunemente usata per indicare i postumi dell’infezione, si riscontrano stanchezza (85 per cento), affaticamento (80 per cento), fiato corto (61 per cento), mancanza di concentrazione (60 per cento), dolori alle articolazioni (59 per cento), disturbi del sonno (57 per cento) e tachicardia (49 per cento).
Certamente prima di pensare a una terapia è necessario essere certi di soffrire della sindrome post Covid19, rilevabile solo dal medico e dopo essersi sottoposti a una serie di esami specifici.
Se al termine degli accertamenti si è sicuri di avere questo problema si potrà intervenire rinforzando le vie metaboliche cellulari grazie all’attività fisica (fisioterapia) supportando attivamente la riformazione di quelle molecole, come le proteine, che sono state “scippate” dal Virus.
Un’integrazione ad hoc con aminoacidi e vitamine, là dove si evidenzino carenze, è il primo passo da compiere. Successivamente, e sempre sotto controllo di un medico specialista, fare riabilitazione motoria adeguata e introdurre supporti nutrizionali quantitativamente adeguati ai bisogni cellulari, aiuta notevolmente il recupero.
Ritengo che sia nostro diritto essere inseriti in una lista di persone da tenere sotto controllo sanitario, oltre alla vaccinazione, ognuno di noi ex covid19 ha diritto ad eliminare al massimo i danni subiti.