Nei giorni della riabilitazione presso l’Ospedale Edoardo Agnelli di Pinerolo, il finale del Campionato di Calcio post lock down e la lettura furono miei compagni fedeli per passare le lunghe ore di inattività e inerzia.
Guardare le partite sul tablet con le cuffie, per non disturbare il mio anziano compagno di stanza Giuseppe Crespo (combinazione un cognome di un celebre calciatore del Parma e altre squadre italiane di qualche anno fa), non mi ha fatto molto piacere. Mi è venuto in mente un vecchio articolo di Gianni Brera[1] rievocato a marzo dal quotidiano La Repubblica:” In realtà, si è giocato sul fondo di un cratere lunare o, che è immagine un poco più attendibile, sotto qualche metro di acqua limpida. La mancanza del pubblico ha rallegrato dapprima il vecchio stordito suiveur che io sono: in quello strano silenzio, risuonavano agre concitate rauche le grida dei calciatori in affanno, evidentemente intese a convincere tutti noi che si stesse davvero giocando una partita di Coppa Campioni. In effetti, si stava giocando una partita in perverso programma da mesi: però, non giuro di averla sofferta e ancor meno di averla goduta.”
Ecco leggere e ricordare è un bell’esercizio.
“Les curieux événements qui font le sujet de cette chronique se sont produits en 194., à Oran. De l’avis général, ils n’y étaient pas à leur place, sortant un peu de l’ordinaire. À première vue, Oran est, en effet, une ville ordinaire et rien de plus qu’une préfecture française de la côte algérienne.”[2]
Orano è colpita da un’epidemia inesorabile e tremenda. Isolata con un cordone sanitario dal resto del mondo, affamata, incapace di fermare la pestilenza, la città diventa il palcoscenico e il vetrino da esperimento per le passioni di un’umanità al limite tra disgregazione e solidarietà. La fede religiosa, l’edonismo di chi non crede alle astrazioni, ma neppure è capace di “essere felice da solo”, il semplice sentimento del proprio dovere sono i protagonisti della vicenda; l’indifferenza, il panico, lo spirito burocratico e l’egoismo gretto gli alleati del morbo. Scritto da Albert Camus secondo una dimensione corale e con una scrittura che sfiora e supera la confessione, La peste è un romanzo attuale e vivo, una metafora in cui il presente continua a riconoscersi questo sentiment viene confermato anche dall’attuale pandemia in cui la peste è il Covid19.
Certo durante quei giorni in riabilitazione ho letto altri libri, ma il libro di Albert Camus che ho apprezzato anche in lingua originale mi ha appassionato particolarmente visto i facili riferimenti alla situazione attuale con la pandemia Covid19 che è indubbiamente una sorta di peste.
[1] https://www.repubblica.it/sport/calcio/serie-a/juventus/2020/03/04/news/il_calcio_a_porte_chiuse_secondo_gianni_brera_si_e_giocato_sul_fondo_di_un_cratere_lunare_-250220973/
[2] Albert Camus – La Peste – Ed. Gallimard 1947 “I singolari avvenimenti che danno materia a questa cronaca e i loro effetti si sono verificati nel 194… a Orano. Per opinione generale, non ve n’erano uscendo un po’ dall’ordinario. A prima vista, infatti, Orano è una città ordinaria, null’altro che una prefettura francese della costa algerina.”