
“Le cose più importanti sono le più difficili da dire. Sono quelle di cui ci si vergogna, perché le parole le immiseriscono – le parole rimpiccioliscono cose che finché erano nella nostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a grandezza naturale quando vengono portate fuori. Ma è più di questo vero? Le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov’è sepolto il vostro cuore segreto, come segnali lasciati per ritrovare un tesoro che i vostri nemici sarebbero felicissimi di portare via . E potreste fare rivelazioni che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perché vi sembrava tanto importante da piangere quasi mentre lo dicevate. Questa è la cosa peggiore secondo me, quando il segreto rimane chiuso dentro non per mancanza di uno che lo racconti, ma per mancanza di un orecchio che sappia ascoltare.”
Si, la delusione è grande perché non ti hanno capito, ma sfumata quella resta una leggerezza che prima non ti apparteneva. Nella mia ‘carriera’ di lettore non mi era capitato di imbattermi in Stephen King che pure mi ha offerto questa bella riflessione. Forse per un pregiudizio non avevo letto nulla di questo non indifferente autore finché non mi sono imbattuto ne “La tempesta del secolo” un libro potente che mi ha indotto a leggere altre sue opere e la fortuna mi ha fatto incontrare su una bancarella di libri usati “Il miglio verde” un romanzo terrificante e al momento stesso molto commovente. La citazione è l’incipit de “The body (stand by me)” racconto contenuto in “Stagioni diverse” che mi ha riportato alla memoria un vecchio film che ho visto tempo fa. Penso che gli incubi dell’infanzia siano la molla delle opere di King. Tutti noi ricordiamo le nostre paure primordiali che non ci facevano dormire a volte quando eravamo piccoli ecco perché non possono che piacere le storie di Stephen.

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