Paul Gauguin è sicuramente uno dei più importanti pittori dell’avanguardia francese di fine Ottocento. Il Museo delle Culture di Milano gli ha dedicato una interessante mostra: “I racconti del Paradiso”. La mostra presenta circa 70 opere dell’artista, capolavori pittorici e scultorei, accanto ad artefatti polinesiani e immagini di documentazione dei diversi luoghi visitati da Gaugain.
Egli fu protagonista di spicco del Post Impressionismo, periodo compreso tra il 1886 e il 1905, ossia tra la data dell’ultima mostra impressionista e l’anno che segna l’inizio delle avanguardie storiche del Novecento. Un periodo caratterizzato dal delinearsi di indirizzi di ricerca tra loro diversi e opposti, tutti però contrassegnati dalla sfiducia circa la possibilità dell’uomo di entrare in un rapporto di conoscenza razionale con il reale e dunque dalla volontà di guardare al di là dei fenomeni, alla ricerca di regole di costruzione dell’immagine indipendenti dalle apparenze naturali: il divisionismo di Seurat e Signac, l’espressionismo di Van Gogh, le molteplici accezioni del Simbolismo di Moreau, Redon, e quello, carico di valenze primitivistiche, di Rousseau il Doganiere e di Gauguin.
La mostra presenta un centinaio di opere provenienti dai luoghi che Gauguin visitò durante i suoi lunghi viaggi e che influenzarono la sua opera.
La Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen ospita una delle collezioni più complete al mondo di opere di Paul Gauguin, e questa mostra include 35 lavori provenienti dal museo danese – insieme a opere significative di Cézanne, Pissarro e Van Gogh. È la prima volta che una sezione così ampia della raccolta dei lavori di Gauguin viene esposta al di fuori del museo. Tra i capolavori c’è Vahine no te Tiare (Donna con fiore), uno dei primi dipinti che l’artista inviò in Francia da Tahiti nel 1891, come opera ambasciatrice di una nuova arte radicale “made in Polinesia”.
Attraverso l’analisi delle opere dell’artista e il racconto della sua vita – segnata dalla continua fuga dalla civiltà moderna alla ricerca di una dimensione “primitiva” e incontaminata del vivere attraverso cui recuperare la spontaneità creativa e la spiritualità autentica – si può risalire alle fonti figurative del suo linguaggio antinaturalistico; fonti che spaziano dall’arte popolare della Bretagna francese, all’arte medievale, all’arte “primitiva” dell’antico Egitto, del Perù, degli Inca passando per la cultura cambogiana e javanese, fino alla decisione di condividere la cultura della Polinesia dove scelse di vivere e morire, segnato dalla solitudine e dalle privazioni.
La sua fu una vita caratterizzata da grandi utopie e di fallimenti drammatici, molti furono i conflitti con la famiglia e con i pittori con cui condivise le sue esperienze, come Bernard e Van Gogh; una vita da “pittore maledetto” che però ha segnato la strada verso la contemporaneità.
Una replica a “Paul Gauguin”
https://en.wikipedia.org/wiki/Spirit_of_the_Dead_Watching, l’interessante genesi di un’opera di Gauguin.