MAdRE ovvero la mer de glace

Mer de glace

(“Merdeglace” di Anthere dal en.wikipedia.org.)

Sophie Calle lavora da sempre intorno a temi quali il distacco da una persona cara, la rottura amorosa, la vita intima in generale riuscendo a rendere in modo efficace oltre alle emozioni anche il lato filosofico, la riflessione che queste suscitano, accompagnando l’elaborazione culturale del vissuto personale attraverso un’organizzazione così precisa da risultare quasi ossessiva fatta di oggetti, video e testi: sorta di mise-en-place e di organizzazione teatrale senza spettacolarizzazione scenica. Un processo di appropriazione per immagini dove anche il visitatore, quando ritenga di essersi perduto, può ritrovare un percorso e alla fine farlo proprio come in un romanzo a ruolo. Oggi si è chiusa, salvo proroghe, la mostra MAdRE che ha occupato le sale auliche al secondo piano della Residenza Sabauda. Il concept di mostra si è articolato sullo sviluppo di due importanti progetti che l’artista ha posto in essere da diversi anni: Rachel, Monique e Voir la mer. Il confronto tra questi importanti progetti propone due percorsi insieme distinti e uniti, includendo opere incentrate sui temi dell’affetto e dell’emozione, sulla morte, sull’analogia madre|mare alla base del titolo della mostra: un mare che accoglie e accomuna, copre e investe un’immensità di sentimenti ed emozioni contrastanti. Visitando la mostra ho tratto l’impressione di un rapporto freddo fra madre e figlia artista. Alla chiusura di questo rapporto, determinata dalla morte della madre, Sophie pare abbia ritrovato il calore della persona persa dando infine regione alla profezia della stessa madre: “È inutile sperare nella tenerezza dei miei figli, tra la calma indifferenza di Antoine e l’arroganza egoista di Sophie! La mia unica consolazione è che lei è talmente morbosa che verrà a trovarmi più spesso al cimitero che in rue Boulard”.

maman

MAdRE – Sophie Calle
11.10.2014 -15.03.2015 – mostra presso il Castello di Rivoli


Estratti dai diari di mia madre:

28.12.1985. È inutile sperare nella tenerezza dei miei figli, tra la calma
indifferenza di Antoine e l’arroganza egoista di Sophie! La mia unica
consolazione è che lei è talmente morbosa che verrà a trovarmi più spesso al
cimitero che in rue Boulard.
29.05.1986. Non so più a chi ho detto ieri al telefono, parlando di me stessa:
“Sono venuta dal niente e me ne sono andata nauseata da tutto!”.
09.07.1986. Non ho ancora deciso se voglio essere cremata o seppellita. È
strano, non riesco proprio a pensare che possa succedere a me!
28.04.1987. –Addio, Diario. Me ne vado a New York. Speriamo sia tutto
fantastico! Se l’aereo cade, lascio un addio allegro alla vita!
10.11.1988. Mi abituo gradualmente alla depressione che, stizzita, mi
abbandona a poco a poco.
06.06.1989. Abominevole.
01.01.1990. “Non aver realizzato nulla, e morire sfiniti.” (Cioran)
01.04.1991. No, non sono né depressa, né amareggiata, ma mi annoio
terribilmente, non ho un obiettivo, un progetto, un’idea, “sento che non sono
altro che una tomba in rovina, dove giacciono le mie virtù e le mie illusioni”.
21.02.1995. Niente! Non faccio altro che cullare la mia tristezza.
11.12.1995. Vorrei che il Natale fosse già finito. Forse vorrei che lo fosse anche
la mia vita.
10.12.1996. Mio caro Diario (forse l’ultimo), arrivederci. Non ti ho dato molto,
ma tu hai fatto altrettanto…
C’era un solo quaderno senza date. Le pagine erano intatte, salvo qualche
appunto su come usare il videoregistratore, e questa frase: “Sono morta di buon
umore”

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