Lo specchietto e il cardellino

Scavavamo nella terra una buca grande abbastanza da contenere una buatta usata, riempita fino all’orlo di acqua del pozzo. Intorno allo specchietto d’acqua un semicerchio di terra battuta privo di ostacoli: via pietre, rametti secchi, gusci di lumache. ZIMICCHIO m’insegnava a tenere in bilico, su uno zippo di mandorlo da lui predisposto, una chianca simile a quelle usate per costruire i coni dei trulli. La chianca incombeva sullo specchio d’acqua; una cordicella veniva assicurata al rametto e nascosta a filo di terra nel tratto ripulito, con l’altro capo in mano mia, andavamo eccitati a nasconderci dietro un riparo di sciaje già pronto all’ombra di un vicino fico.

– Non fiatare –

diceva ZIMICCHIO,

– Non muoverti, altrimenti gli uccellini non si avvicinano. –

Sì!, perché era proprio qualche passero o meglio un cardellino di passaggio che noi aspettavamo si avvicinasse attirato dallo splendore dell’acqua al sole cocente di luglio.

Le speranze di ‘ngappare qualche preda si affievolivano: il vento non sembrava favorirci, quando ecco apparire un’ombra sull’orlo della buatta. Sembrava proprio che un cardellino con le piume gialle e rosse sotto il becco fosse venuto a farsi prendere.

Il cuore mi batteva in gola, avevo cinque o sei anni e far male ad un esserino mi spaventava e attirava allo stesso tempo, al pensiero di ciò che stava per capitargli mi faceva pena l’uccelletto che beveva spensierato calando il becco in acqua e ingoiando ogni goccia con un rapido gesto del capo all’indietro.

Lo volevo però a cantare per me nella gabbietta, già pronta, con la porta aperta, nelle mani sicure dello zio che m’incoraggiava sibilandomi nell’orecchio:

– Tira!…Già, Tira!… –

Riflettevo, immobile, ancora un attimo in preda all’ansia, finalmente deciso tiravo il cordino e via di corsa a sollevare la chianca sperando che il cardellino fosse caduto in acqua senza essere rimasto schiacciato.

Trattenendo il fiato, ecco, sollevavo la pietra e raccoglievo l’uccellino, pulsante di paura nella mia mano tremante, ancora stordito del colpo improvviso.

– Che peccato, non è un cardellino, –

Dicevo:

– E’ solo un passerotto. –

ZIMICCHIO contento dell’esito della caccia mi suggeriva:

– Non importa, canterà anche lui il prossimo inverno e le giornata grigie saranno più allegre.

Con la sua stampella mi indicava la porticina aperta della gabbia e mi diceva:

 – Non farlo volare via come il cardellino di ieri, mi raccomando!, Infilalo dentro con calma e mollalo subito, chiudi, vedrai: non scappa più.

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